
La sceneggiatura di John Patrick Shanley (anche regista), tratta dalla sua stessa pièce teatrale portata con successo sui palcoscenici di Londra e di Brodway e vincitrice del Premio Pulitzer e di 4 Tony Awards, è il sogno di ogni attore, ed i calibri di Meryl Streep (semplicemente la migliore attrice vivente dell'ultimo mezzo secolo), Philip Seymour Hoffman, Amy Adams e Viola Davis, tutti candidati all'Oscar, la portano a livelli di assoluta eccellenza.
La messa in scena è convenzionale, formale e algida, magari in maniera eccessiva a tratti, ma tutto ciò viene ripagato dalle prove recitative e dalla regia senza sbavature di Shanley, che tratteggia in modo efficace la rigidità e l'austerità di un mondo, cattolico e non (nell'anno di grazia 1964, dopo la morte di Kennedy e durante la battaglia per i diritti civili dei neri), destinato a cambiare, travolto da un'ondata di progressismo difficile da tollerare ma inevitabile (su tutti: la metafora del vento ed il contrasto delle scene che mostrano rispettivamente le suore ed i prelati al tavolo della cena, diversissimi per compostezza e rigore).
Da applausi i duetti senza esclusione di colpi tra la Streep (che merita assolutamente la statuetta, con un solo movimento degli occhi o della bocca riesca a dar vita ad un personaggio che va dall'aridità alla più viscerale veemenza in difesa delle sue convinzioni, passando per un dolente rimpianto) e Hoffman (sempre ottimo), in un crescendo di tensione che rende appassionante ogni minuto in cui i due attori sono in scena.
Sicuramente l'opera offre, nella versione teatrale, una maggiore incisività e, complessivamente, una presa più diretta da parte del pubblico.
Ma tant'è: lo sguardo di ghiaccio, arcigno e granitico, di Suor Aloysius (una Miranda Priestly con i voti) che incrocia lo smarrimento e l'afflizione di Padre Flynn, l'ingenuo sgomento di Suor James o la soffocata disperazione della madre dell'alunno sospettato di molestie (la Davis, pur in un ruolo di soli 10 minuti, regala una delle prove più travolgenti dell'anno per quanto riguarda le attrici di supporto) vale sicuramente una standing ovation. In esso viene espresso, in maniera folgorante, lo scontro tra due ideologie, tra due scuole di pensiero che, tutt'oggi, caratterizza i rapporti di forza all'interno delle istituzioni, non solo clericali: conservatorismo contro innovazione.
Il dubbio, innescato da sospetti e fraintendimenti su un presunto caso di pedofilia (del cui effettivo accadimento non è certo nemmeno lo spettatore, alla fine), diventa il pretesto per combattere la corruzione dei valori tradizionali e per ripristinare l'ordine naturale delle cose, immutato ed immutevole, da parte della preside dell'istituto.
Tutto ciò è ovviamente impossibile, ed il poderoso vento che sconvolge le coscienze spazzerà via, paradossalmente, qualunque certezza, facendo riaffiorare, dopo la tempesta, soltanto un atroce dubbio, in una nemesi punitiva verso colei che si era erta a giustiziera divina.
Uno spettacolare spaccato di un mondo e di un periodo storico in evoluzione, in cui si mescolano tante chiavi di lettura: dal rispetto dell'etica (professionale e morale), al sacrificio individuale per scoprire la verità, al piegarsi a delle regole precostituite o al ribellarsi ad esse, al rinunciare ai propri precetti morali per raggiungere uno scopo ed un disegno più grandi di noi stessi, fino al potere del dubbio, che attanaglia ed esercita una forza pari a quella delle fede cieca.
Un'arma potente e tremendamente distruttiva.
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