giovedì 8 gennaio 2009

Ho visto cose...

Il peggio in assoluto del 2008 (tra i vari "filoni giovanilisti", Moccia, Muccino, parodie trash e senza risate, "cinecocomeri" e commediole italiane imbarazzanti, horror paurosamente ridicoli e rifacimenti del Decameron in salsa sexy-adolescenziale) è a mio parere l'ultimo inutile, bruttissimo e noioso film di M. Night Shyamalan (che ci ha regalato il capolavoro "Il Sesto Senso" e altri bei film come "Signs" e "The Village"), vera e propria cocente e titanica delusione dell'anno appena trascorso: "E Venne Il Giorno".
Nessuna emozione, oscenamente ridicolo a tratti, attori inespressivi, finale telefonato e una spiegazione/morale snocciolata in maniera indecente durante l'epilogo. Soldi sprecati insomma.
Al contrario, gli ultimi 12 mesi ci hanno regalato dei film davvero indimenticabili, tra lacrime, risate, figlie e barbieri assassini, shopping sfrenato, amori in isole greche, robot innamorati, madri coraggio, perfide figure della notte, precari, gravidanze indesiderate e sguardi realistici sull'orrore quotidiano.
Il meglio della celluloide in cui potevamo sperare (in ordine rigorosamente alfabetico, impossibile stilare una classifica di qualità):



CHANGELING
Regia: Clint Eastwood.

Con: Angelina Jolie, John Malkovich.

L'ennesimo capolavoro di uno dei migliori cineasti contemporanei, la performance straordinaria di un'attrice ritrovata, una storia straziante e l'abilità di non cadere nella facile retorica.
Sublime e doloroso come "Mystic River", intimista ed asciutto come "Million Dollar Baby".

Scena clou: la condanna a morte del "mostro".

Da vedere: per il coraggio di una madre pioniera, realmente esistita, che credeva nel senso della giustizia in una città corrotta. Rifornitevi di cleanex.



GOMORRA
Regia: Matteo Garrone.

Con: Toni Servillo.

Si è già detto tutto del fenomeno cinematografico dell'anno (tratto dal fenomeno letterario di Roberto Saviano), che ha finalmente riportato a livelli stratosferici il cinema italiano, sia in patria che all'estero.

Un lucido ritratto del degrado e della degenerazione di un Paese corrotto e "malato", contorto e irreversibilmente avvolto intorno alla propria miseria.
Il coraggio di raccontare la Camorra e l'abilità di distaccarsi da ogni giudizio o morale. Un fulgido esempio di neorealismo moderno. Regia, sceneggiatura e montaggio da applausi.

E ora, dopo i premi a Cannes, agli European Film Awards (cinque riconoscimenti, i più importanti: Film, Regia, Sceneggiatura, Attore Protagonista, Fotografia), il plauso americano e la nomination ai Golden Globe Awards, speriamo in una vittoria ai prossimi Oscar.

Scena clou: la fascinazione del male e della violenza per i due giovani che sparano al nulla, seminudi.

Da vedere: per l'importanza del tema, l'attualità del problema e con l'occhio critico di chi pensa che i provincialismi tipo "mostriamo una brutta immagine di noi all'estero" siano vergognosi.



IL PAPÀ DI GIOVANNA
Regia: Pupi Avati.

Con: Silvio Orlando, Alba Rohrwacher, Francesca Neri, Ezio Greggio.

Un ottimo dramma familiare, sullo sfondo del fascismo e della seconda guerra mondiale, scandito dalle incredibili performance di Silvio Orlando (magnifico e giustamente premiato a Venezia) e dell'esordiente Alba Rohrwacher (strabiliante nella sua pazzia), mentre lo stile Avati è una garanzia.

Scena clou: l'incontro padre-figlia al manicomio, separati dalla rete, in cui lei gioisce infantilmente per i guanti in regalo.

Da vedere: per il rapporto delicato tra un padre amorevole ed una figlia inadeguata, per la precarietà degli affetti ed un periodo storico oscuro che condisce il tutto. Attualissimo.



JUNO
Regia: Jason Reitman.

Con: Ellen Page, Jennifer Garner, Micheal Cera, Jason Bateman.

Il film evento della stagione passata, una piacevolissima sorpresa che colpisce al cuore e diverte con intelligenza, trattando senza pregiudizi o volgarità un tema delicato come la gravidanza indesiderata di un'adolescente.

Merito della straordinaria sceneggiatura di Diablo Cody (premiata con l'Oscar) e della performance esplosiva di Ellen Page, praticamente perfetta.

Una boccata d'aria fresca ed indipendente in un panorama americano oppresso da Transformers vari e film pompati a steroidi.
Scena clou: la dichiarazione d'amore di Juno, che capisce finalmente quanto conti Paulie per lei.
Da vedere: per ridere di gusto con il cervello acceso, godendo dell'arguzia e della semplicità di una storia toccante.


MAMMA MIA!
Regia: Phyllida Lloyd.
Con: Meryl Streep, Amanda Seyfried, Julie Walters, Christine Baranski, Pierce Brosnan, Colin Firth, Stellan
Skarsgård, Dominic Cooper.
Dal musical basato sulle canzoni degli ABBA, il film è un tripudio di gioia, ritmo, balli sfrenati, pazzia e talento. In primis, quello della divina Meryl Streep, che sfodera anche una voce di tutto rispetto e fa sognare con l'intensa "The Winner Takes It All".
Storia semplice ma efficace, impossibile non farsi trascinare da questa esplosione di vitalità. E l'effetto queer è assicurato!
Scena clou: "Dancing Queen" intonata dalle tre folli amiche che trascinano tutte le donne isolane in un inno di gruppo in riva al mare, per celebrare la libertà dei sensi e la voglia di divertirsi.
Da vedere: per passare due ore di assoluto intrattenimento, una cura contro la depressione e la noia. Uno spettacolo da non dimenticare.


SEX AND THE CITY: THE MOVIE
Regia: Micheal Patrick King.
Con: Sarah Jessica Parker, Kim Cattrall, Cynthia Nixon, Kristin Davis.

Attesa spasmodicamente da ogni fan che si rispetti della serie culto che per sei stagioni ha fatto sognare e divertire, stabilendo un nuovo linguaggio seriale e costumi sociali inesplorati, la versione cinematografica sulle avventure amorose e sessuali delle quattro amiche newyorchesi ha diviso il pubblico.
A parer mio, pur avendo qualche imperfezione e non essendo totalmente fedele al tema principale (il sesso dov'è finito?), la felicità nel vedere sul grande schermo Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte è stata immensa, un rito obbligato a cui tutti gli adepti si son dovuti inchinare. E la storia ha comunque mantenuto la sua vena ironica, divertente e chic, facendoci sognare nel vedere finalmente Big e Carrie insieme dopo varie peripezie.
Per non parlare degli innumerevoli vestiti (Carrie ne cambia circa un centinaio), borse, scarpe e tutto ciò che la moda può offrire agli occhi delle fashion-victims (e non).
Scena clou: Carrie che viene mollata prima del matrimonio da Big e corre verso di lui scaraventandogli contro il bouquet mentre le amiche la sorreggono.
Da vedere: perché è un fenomeno che ha segnato un'epoca, e come una Manolo Blahnik vintage ha saputo ancora affascinare (basta che si fermino qui però, niente sequel!).


SWEENEY TODD - THE DEMON BARBER OF FLEET STREET
Regia: Tim Burton.
Con: Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Alan Rickman, Sacha Baron Cohen.

Altro musical, ma diversissimo per stampo e genere.
Un horror che si fonde con le maestose e lugubri melodie di Stephen Sondheim, sapientemente diretto dal genio visionario e gotico di Tim Burton, decisamente uno dei migliori registi viventi.

E Johnny Depp si conferma attore straordinario, convincendo pienamente anche con il canto. Splendide la fotografia e la direzione artistica (a opera degli italiani Ferretti e Lo Schiavo, premiati con l'Oscar), mentre la storia di vendetta e amore tiene col fiato sospeso fino alla fine, per esplodere in un bagno di sangue.
Scena clou: l'epilogo splatter, in una scena visivamente ed emotivamente intensa in cui la perdita dell'amore e la disperazione per la propria esistenza portano a gesti scellerati.
Da vedere: per le grandi performances, il tocco burtoniano ed il fascino di un musical sui generis. Per stomaci forti.


THE DARK KNIGHT
Regia: Christopher Nolan.
Con: Christian Bale, Heath Ledger, Morgan Freeman, Aaron Eckhart, Gary Oldman, Micheal Caine, Maggie Gyllenhaal.

Uno dei migliori film tratti da fumetti (insieme ai primi due "Spider-Man") mai realizzati, con una regia e un montaggio da urlo. Il più originale sicuramente, un noir che si fonde con il crime drama e l'action più spettacolare.
La storia, piena di colpi di scena, azione, biforcazioni e riflessione sull'attualità (sic!), è solida e robusta, senza mai scadere nell'ovvio e nella prevedibilità.
La tensione resta alta per oltre due ore e l'uomo pipistrello, allontanandosi dai modelli di Burton e Schumacher, è un eroe ambiguo, umanissimo, ambivalente e combattuto da demoni interiori.
E il Joker ruba la scena a tutti, regalandoci uno dei villain più spaventosi del cinema odierno.
Scena clou: tutti gli scontri (verbali e armati) tra Batman e Joker, in un sottile e perverso gioco psicologico sul ribaltamento dei classici ruoli buono-cattivo e sulla definizione di normalità.
Da vedere: per la performance "mostruosa" di Heath Ledger e la rilettura di un classico del fumetto in chiave moderna, attuale e non appiattita sugli effetti speciali.


TUTTA LA VITA DAVANTI
Regia: Paolo Virzì.
Con: Isabella Ragonese, Valerio Mastandrea, Sabrina Ferilli, Micaela Ramazzotti, Elio Germano, Massimo Ghini.

Uno dei più bei film italiani degli ultimi anni, la riflessione ironica e grottesca sul mondo del precariato e dei call center.
Perfetta la regia di Virzì, a conferma che il cinema "impegnato" può anche essere servito in salsa d'intrattenimento.
Bravissima l'esordiente Isabella Ragonese, che rende benissimo lo spaesamento e la confusione di una neo-laureata fagocitata da un mondo lavorativo impietoso e competitivo che non risparmia nessuno.

Un pugno allo stomaco in cui si ride amaramente, uno spietato scenario dove non c'è scampo per nessuno. Riscoperta per Sabrina Ferilli, finalmente in un ruolo che le rende giustizia, mentre Micaela Ramazzotti è da tenere d'occhio. Come sempre efficace Mastandrea.
Scena clou: il povero Elio Germano costretto ad esporsi al pubblico ludibrio per le sue scarse vendite mensili, che scappa dai colleghi "bulli" in una scena surreale e paurosamente veritiera.
Da vedere: perché, citando il titolo del libro da cui il film è stato tratto, "il mondo deve sapere"; per lo sguardo disincantato su una realtà lavorativa aggressiva ed inadeguata alle aspirazioni delle giovani (e adulte) generazioni, rese mere pedine da un sistema che agisce senza scrupoli sulla pressione psicologica e sullo scarto competitivo.


WALL-E
Regia: Andrew Stanton.

Bellissimo esperimento ed ennesima prova superata per la Pixar, che osa e confeziona una storia d'amore tra due robot, in cui i dialoghi sono praticamente inesistenti per buona parte del film.
Tecnologia con sentimento, per la migliore tradizione dell'animazione Disney, più una riflessione accurata su temi attuali come inquinamento e ambientalismo.
Commovente l'umanità di Wall-E quando è insieme a Eve, travolgenti i loro "duetti" che ricalcano "Hello, Dolly!" e le grandi storie d'amore dell'epoca d'oro di Hollywood.
Scena clou: quando Eve entra nel rifugio di Wall-E e si avvicina al suo mondo fatto di oggetti ormai appartenenti al passato.
Da vedere: per il gusto di una storia straordinaria e geniale, per l'avanguardia della tecnica d'animazione e per riflettere sulla condizione del nostro globo e sull'incontro di realtà diverse dalle nostre.



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