mercoledì 21 settembre 2011

Super 8


Alcuni film segnano un'epoca, un periodo della vita, o più semplicemente fissano in poche, semplici scene un universo intero.
Tutte queste cose riusciva a fare, nel lontano 1982 uno Steven Spielberg non ancora all'apice del suo talento (sbiadito negli ultimi anni) con un piccolo extraterrestre.
Schiere di pseudo-successori e pretendenti al trono si sono avvicendati negli ultimi anni, con fortune alterne.
Stavolta la gallina dalle uova d'oro si spinge più in là e prende direttamente sotto la sua ala esperta (fin troppo ingombrante, dicono taluni) uno dei più interessanti fautori di quel mix "fantascienza-fenomeni paranormali-filosofia post-moderna" proprio grazie al quale Spielberg divenne ultrafamoso: J.J.Abrams.
Classe 1966 (perciò cresciuto dai film di papà Steven, qui appunto produttore), dal curriculum di tutto rispetto sia in tv che al cinema e costantemente atteso al varco sia dai suoi fans che dai detrattori (molti, pare) ad ogni sua nuova pellicola, dirige ciò che potremmo considerare un "E.T" del XXI secolo, ma solo per essere estremamente riduttivi.

martedì 28 settembre 2010

Desolation Factor

Sarà che era la prima volta che guardavo questa quarta edizione.
Sarà che lo scorso anno c'era Morgan (e Marco Mengoni pre-Sanremo).
Sarà che i veri talenti sono altrove.
Fatto sta che la quarta puntata di X-Factor mi ha decisamente convinto a non guardare la quinta.
Basandomi sul mio personalissimo (e sindacabilissimo) gusto personale, passo in rassegna quanto avvenuto durante la serata, tra esibizioni (scarse), discussioni tra i giudici (monotone) ed ospitate (l'Avatar di Anna Oxa).
Primo ad esibirsi: Davide, categoria uomini 16/24.
Sotto l'egida della Maionchi (quest'anno particolarmente "spenta", tranne qualche exploit dei suoi), il cantante 17enne intona "Novembre" della semi-desaparecida Giusy Ferreri. Performance discreta, piuttosto intonato lui, niente da eccepire. Ma da qui ad avere il fattore X ce ne corre.
Segue a ruota Manuela, una delle cantanti di Elio e quella col curriculum più ricco (apparsa anche nel musical "La Bella e la Bestia" nel ruolo di Mrs Bric).
La sua sicurezza sul palco e la tecnica vocale sono fuori discussione, ma l'esibizione della hit "Bring me to life" degli Evanescence lascia non poco a desiderare: imprecisa e decisamente fuori ruolo. Probabilmente le si addicevano di più i pezzi di Canzonissima '68 (per citare quanto detto da Enrico Ruggeri a proposito della sua performance).

E' il turno degli Effetto Doppler, gruppo capitanato da Enrico Ruggeri.
Forse i cantanti più anonimi di questa edizione, i tre si cimentano in un pezzo del 1966 dei Rockes, "E' la pioggia che va", senza particolare brio. Un brano di "contestazione" cantato come una qualsiasi canzone in stile Finley. Non ci siamo proprio. Velo pietoso, poi, sul look.
Tocca poi a Dorina, l'unica superstite della categoria di Anna Tatangelo (che si ostinano a chiamare Lady Tata), quest'ultima protagonista, poco prima, di una clip in cui, molto autoironicamente, fa il provino a... se stessa!
La cantante di origini albanesi canta "The Best", il successo di Tina Turner, come fosse un pezzo degli AC/DC. E non è una cosa positiva. Tutto quel correre tra il pubblico, poi, scatena un senso di ridondanza ancora più accentuato. In ogni caso, lei è brava e probabilmente una delle poche vere candidate alla finale.
Arriva Stefano, altro concorrente di Mara Maionchi, il cosiddetto "caso umano".
Non male la sua interpretazione della super cult "Lady Marmalade" (nella versione originale di Patti LaBelle), ma rimango dell'idea che, se non avesse alle spalle una storia emotivamente toccante e quei problemi di balbuzie, sarebbe solamente un cantante piuttosto mediocre. Purtroppo per lui, lo salva il suo handicap.
Nuova "polemica" formato rvm, stavolta sui giudizi di Elio, incolpato di affossare in maniera eccessiva i cantanti che non fanno parte della sua squadra. Lui risponde che dalla sua non ha solo l'ironia ma anche un diploma al conservatorio (touché!), e che giudicare in base alle simpatie o alle antipatie è semplicemente ridicolo.
Un'altra dimostrazione di come, quest'anno, sia lui il "Morgan" della situazione, sia per la cultura musicale che per le strategie (o non strategie) relative al puro sensazionalismo televisivo.

Si passa nuovamente alla gara, ed entra in scena Nathalie, categoria over 25 capitanata da Elio. La ragazza si esibisce in uno dei brani più famosi di Patty Pravo, "Pazza idea", con convinzione e bravura, regalando una delle poche performance azzeccate della serata.
I Kymera cantano sospesi la hit "Breathe" di Midge Ure. Nonostante gli acuti (in alcuni punti non riuscitissimi), il duo pecca nelle parti basse e non convince pienamente il sottoscritto, nonostante tutti i giudici diano pareri positivi e Tommassini affermi quanto sia difficile cantare in quella posizione.
La palla passa alla new-enrtry Cassandra, un'altra "spostata" della categoria di Elio (dopo Nevruz), che ha fatto il suo ingresso nel programma la scorsa settimana.
Canta "You can't hurry love" delle Supremes di Diana Ross, in maniera alquanto sconcertante. Non bastano le mossette e qualche pizzico di follia (vera o impostata?) per fare una cantante, ci vuole anche la voce! E quella stenta ad uscire per tutta la durata della performance.

Si continua con Ruggero, il 16enne più montato dello show-biz dopo Justin Bieber.
La Maionchi gli ha assegnato la canzone "Per te", che Jovanotti dedicò alla figlia. Ruggero dovrebbe cantarla pensando ad una persona cara, ma non trasmette la benché minima emozione e riesce a cantare persino peggio di Lorenzo Cherubini, ardua impresa! L'esibizione peggiore della serata.

Ultimo concorrente in gara: Nevruz, lo sciroccato della categoria over 25.
Elio gli fa cantare una canzone di Luis Miguel che al tempo odiava, "Noi ragazzi di oggi", ed è presto spiegato il motivo: Nevruz fa letteralmente a pezzi il brano, stravolgendolo completamente (e volontariamente) e dipingendosi il viso in stile Joker.
Ha sicuramente portato una ventata di energia e follia sul palco di X Factor, ma non si capisce fin dove arrivi la voglia di "fare casino" fine a se stessa e dove inizi il talento da vero artista.
Come dice Enrico Ruggeri (che di punk se ne intende), non è stato molto diverso da una qualsiasi cover band che alle 2 del mattino decide di "farlo strano". Forse ha sbagliato programma.

L'ospite d'eccezione della serata è Anna Oxa, che torna dopo 4 anni di silenzio (e qualche ritocchino del chirurgo) con un nuovo album ed una nuova canzone scritta per lei da Ivano Fossati, "Tutto l'amore intorno". Fa piacere rivedere una delle più grandi artiste italiane in assoluto di nuovo sul palco, anche se la delusione è forte nel sentirla cantare in playback, visto lo strumento possente che possiede e la forza del brano.
Congedata la Oxa, Facchinetti chiude il televoto ed annuncia i cantanti che sono stati salvati dal pubblico, fino agli ultimi due che finiranno in ballottaggio, vale a dire Manuela e gli Effetto Doppler. Le loro esibizioni non hanno convinto i telespettatori e ora dovranno affrontare il verdetto dei quattro giudici che lascerà in gara soltanto uno di loro.
La sfida finale vede cimentarsi Manuela con "Ironic" di Alanis Morissette e "La cura" di Battiato per il pezzo a cappella, a dimostrazione di quanto fosse sbagliata la scelta di "Bring me to life": la cantante infatti esegue alla perfezione e con intensità entrambi i brani.
Gli Effetto Doppler, invece, per convincere la giuria a farli restare in gara scelgono "Don't stop me now" dei Queen, proposta anche la volta scorsa (errare è umano, perseverare è diabolico) e "Ti vorrei sollevare" di Elisa per la prova "a studio spento". Deludono in tutte e due le prove.
Fortunatamente, i giudici (tranne Ruggeri ovviamente) decidono per l'eliminazione del trio, decretando così l'uscita di scena del secondo gruppo dal programma, dopo i Borghi Bros la scorsa settimana.
Alla prossima puntata (forse)!

lunedì 27 settembre 2010

Inception

Christopher Nolan si conferma tra i più talentuosi registi dell'ultimo decennio.
Dopo averci regalato il più bel film su Batman (almeno dai tempi di Tim Burton), stavolta l'autore di "The Dark Knight" compie un ulteriore passo in avanti e, conservando temi a lui cari come il subconscio e la mente umana nelle loro infinite distorsioni, proietta lo spettatore letteralmente all'interno di quell'inconscio, nel momento più indecifrabile e creativo del processo mentale umano: il sogno.
Lo fa utilizzando al meglio le tecniche e la maestria che già l'avevano contraddistinto come autore intellettuale e, al contempo, abile manipolatore degli effetti visivi e sonori più all'avanguardia.
"Inception" è infatti la quintessenza del suo cinema: una storia altamente enigmatica, quasi indecifrabile (almeno nei primi 50 minuti del film), che si addentra nei meandri della psiche umana tentando di dare un senso alla precarietà della vita odierna (nella quale non si sogna più), senza per questo voler filosofeggiare, unita ad una spettacolarità di immagini e sequenze che segneranno certamente il cinema negli anni a venire (un po' come fece "Matrix" all'epoca), nelle quali si intravede l'ispirazione ai quadri onirici di Escher.

Da un'idea apparentemente "semplice" (se così si può definire all'interno del Nolan-universo), il registra crea un meccanismo a scatole cinesi via via sempre più complesso, proprio come quello che sperimentano i protagonisti, all'interno del quale niente è ciò che sembra.
Neppure alla fine i dubbi saranno fugati, lasciando allo spettatore l'incertezza che permea l'intera narrazione e, in definitiva, l'intera nostra vita.
Sogno o realtà? Domanda banale forse, fonte di ispirazione per miriadi di altri film, ma qui reinventata e posta al centro di uno scenario tanto pericoloso per chi lo percorre quanto affascinante per chi vi assiste.
Dramma esistenziale potrà definirlo qualcuno, e in un certo modo "Inception" è anche questo, ma non solo. È l'esplorazione del subcosciente e del profondo umano più geniale ed ispirata degli ultimi anni, è un perfetto meccanismo ad incastri ma non per questo senz'anima, tutt'altro: il fine ultimo del protagonista (un intenso Di Caprio) è quello di aver la possibilità di redimere il suo nome e tornare a casa dai propri figli, disperato Ulisse tra i tempestosi mari della mente.
Celando all'interno della propria, tra i ricordi più oscuri e reconditi, un male insanabile e straziante come il senso di colpa, dove ha rinchiuso la moglie morta per farle visita di tanto in tanto, in una sorta di atto masochistico ma necessario, fino alla sofferente scelta finale.

Un viaggio sorprendente e adrenalinico, avvincente e coinvolgente, che non lascerà sicuramente nessuno indifferente.
Nolan ha nuovamente fatto centro, creando un nuovo "mondo", un nuovo stile, una nuova fonte di ispirazione per le generazioni future. Chapeau!
Eccelsa la colonna sonora di Hans Zimmer.
Prenotato per gli Oscar.


mercoledì 22 settembre 2010

La Solitudine dei Numeri Primi

Premessa: il fatto che Paolo Giordano abbia partecipato alla stesura della "sceneggiatura" (se così si può definire) fa ancor più rabbrividire.
La trama del libro è stata completamente snaturata, con una chiave di lettura tra l'onirico e il thriller psicologico con venature horror (sic!) sottolineate continuamente da una colonna sonora che sembrava provenire da un film di Dario Argento (e la storia dell'omaggio non regge, l'idea di trasporre il libro in un horror dei sentimenti è semplicemente sbagliata).
Se si volevano raggiungere nuove vette di trash involontario (perché di quello volontario ne abbiamo a bizzeffe d'esempi in Italia), la missione è stata decisamente portata a termine.

Girato in stato confusionale da Saverio Costanzo, senza un minimo di scavo psicologico o di introspezione
dei protagonisti (tutto rimane a galla, come gli zoom sui pori dilatati e sulle occhiaie di Mattia/Luca Marinelli), con una trama inesistente condita da dialoghi imbarazzanti e al limite del ridicolo ("Devo fare pipì!" - "Non c'è il bagno") ed attori impacciati (persino la solitamente brava Rohrwacher, qui costretta a interminabili primi piani sofferenti e a pose raggomitolate sul letto che neanche Gollum, risulta goffa e sopra le righe): un mix letale che suscita un'ilarità involontaria.
Per non parlare della parte che racconta l'adolescenza dei due protagonisti: il pericolo Moccia sempre in agguato, una sconcertante banalizzazione di un punto saliente della storia, tristemente sminuito e male approfondito (con l'aggiunta di ben due baci lesbo inesistenti nel libro, mentre l'omosessualità dell'amico di Mattia è taciuta per tutto il film).
In definitiva, uno dei film italiani più brutti della stagione e, sicuramente, uno dei più inguardabili a cui abbia mai assistito.

lunedì 6 settembre 2010

Modern Family



Nonostante "odii" questo telefilm, per le ben note ragioni, vedendo oggi questa puntata e, soprattutto, la scena di cui sopra, non ho potuto fare altro che sbellicarmi.
Davvero esilarante e, in generale, ben fatto (ma non ammetterò mai che meritava l'Emmy!!)

venerdì 3 settembre 2010

Glee Returns




Vorrei, fortissimamente vorrei, che il livello della seconda stagione fosse in misura uguale o maggiore a quello della prima.

Ma se il buongiorno si vede da Britney Spears...


Ad ogni modo, CAN'T WAIT!!

21 settembre, STAY TUNED!

martedì 31 agosto 2010

The Good Wife


Iniziato lo scorso anno in USA, ottimo riscontro di pubblico e di critica e vari premi per la protagonista Julianna Margulies (Golden Globe, Screen Actors Guild e una nomination agli Emmy), "The Good Wife" è un solido ed avvincente dramma legale, dallo script serrato e con eccellenti performance da parte di tutto il cast, in primis l'indimenticata infermiera Carol di "E.R.", qui nei panni di Alice Florrick, moglie e madre devota, travolta da uno scandalo sessuale che coinvolge il marito (Chris Noth, il Mr.Big di "Sex and the City") e la costringe a rivestire i panni, smessi 13 anni prima, di avvocato.
Avendo visto solo la puntata pilota, le premesse sono notevoli.
Grande importanza alle vicende giudiziarie ma anche alla sfera privata ed affettiva della protagonista, personaggio femminile di raro spessore a cui la Margulies dona sensibilità e ai telespettatori istantanea identificazione ed empatia.
Non manca nemmeno la stronza di turno, la mitica Christine Baranski (non nuova a questo tipo di ruoli), qui nei panni della rigida mentore/arpia di Alice, mentre Archie Panjabi (fresca vincitrice di un Emmy per questo ruolo) interpreta un'enigmatica e tosta investigatrice.
Da settembre anche su RaiDue.


Far Wisteria

Uno dei più bei promo di "Desperate Housewives": quello che anticipa la settima stagione è davvero coi fiocchi, stiloso e "cazzuto" come nella migliore tradizione dello show.
Speriamo che non tradisca le aspettative.
Nel frattempo gustiamoci le immagini con una nuova protagonista d'eccezione, pronta a dare filo da torcere alle casalinghe più famose della tv (e alla loro stella splendente), che si preannuncia ancor più succosa e bitch della compianta (ma non troppo) Edie Britt.


lunedì 30 agosto 2010

And The Emmy Goes To...


Novità e conferme.
La 62esima edizione degli Emmy Awards ha visto trionfare, nella categoria Drama, per il terzo anno consecutivo (sic!) la serie "Mad Men", nonostante nessuno dei 5 attori nominati (tra protagonisti e non) sia riuscito a vincere.
Hanno infatti trionfato Bryan Cranston per "Breaking Bad" (anche lui alla terza statuetta consecutiva), con buona pace di Hugh Laurie e Jon Hamm, Kyra Sedgwick per "The Closer" (dopo ben 5 nomination, anche se avrei preferito Julianna Margulies per il suo nuovo ruolo in "The Good Wife", nonostante ancora non abbia visto la serie), Aaron Paul sempre per "Breaking Bad" e Archie Panjabi per "The Good Wife", preferita alla sua 'collega' Christine Baranski.
Nella categoria Comedy arrivano le dolenti note: "Glee", forte di 19 nominations alla vigilia, ha portato a casa 'solamente' quattro premi, di cui due minori, vale a dire Best Sound Mixing per l'episodio "The Power of Madonna" e Best Guest Actor a Neil Patrick Harris, consegnati alcuni giorni prima della cerimonia.
Durante la premiazione effettiva, la serie di Ryan Murphy ha vinto nella categoria Miglior Attrice Non Protagonista, andato alla sublime Jane Lynch (premio stra-meritato per un personaggio unico già cult), e come Miglior Regia per l'episodio pilota, andato al creatore Murphy.
"Modern Family" è riuscita, come previsto, a rompere le uova nel paniere alla serie-musical che quest'anno ha avuto uno straordinario successo e che ha creato un incredibile fenomeno pop come non se ne vedevano da anni.
La preferenza data alla serie sulla famiglia alternativa (paradossalmente, una scelta piuttosto tradizionale) mi trova alquanto perplesso (per non dire infuriato!): per quanto possa essere divertente, non può certamente competere con la genialità di "Glee".
Sfortunatamente l'Academy non se n'è accorta (ma non è una novità: la prima stagione di "Desperate Housewives" fu snobbata a favore di "Tutti Amano Raymond"... e ho detto tutto!), e ha premiato anche il suo attore non protagonista Eric Stonestreet (uno dei componenti la coppia gay del telefilm) e la sceneggiatura.
Altro sfondone, per così dire: Edie Falco premiata come Miglior Attrice per "Nurse Jackie". Senza nulla togliere al talento della ex protagonista dei Soprano, il premio sarebbe dovuto andare a Lea Michele, bravissima ed impagabile Rachel Barry, personaggio ai limiti dell'odioso che non si può non amare. Probabilmente la giovane età ha giocato a sfavore (così come per Chris Colfer alias Kurt).
Miglior Attore Protagonista è stato incoronato prevedibilmente Jim Parsons per "The Big Bang Theory", in una categoria ben nutrita di inossidabili (Shalhoub, Carell, David, Baldwin, quest'ultimo vincitore già nel 2009 e nel 2008) e della nuova entrata Matthew Morrison, contento già per la nomination.
Tra i Reality, trionfa "Top Chef" a scapito (purtroppo) di "Project Runway", mentre Jon Stewart vince il settimo Emmy per il miglior programma di intrattenimento con il suo "The Daily Show".
La miniserie prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks, "The Pacific", ha vinto la statuetta nella sua categoria, mentre tra i film per la tv ha letteralmente trionfato "Temple Grandin", storia di una professoressa del Colorado affetta da autismo, interpretata da Claire Danes accanto a David Strathairn e a Julia Ormond (tutti e tre vincitori, insieme al regista).
Straordinario l'intro che ha visto Jimmy Fallon, conduttore della serata, esibirsi insieme al cast di Glee in un divertentissimo filmato d'apertura, in compagnia anche di Tina Fey, Jon Hamm, Jorge Garcia, Nina Dobrev e Randy Jackson.



Infine, una nota di stile: a parer mio, il miglior abito della serata è stato quello di Lea Michele in Oscar De La Renta, in un red carpet piuttosto povero di bei look (ma Tina Fey non riesce a vestirsi bene nemmeno per errore?).