mercoledì 21 settembre 2011

Super 8


Alcuni film segnano un'epoca, un periodo della vita, o più semplicemente fissano in poche, semplici scene un universo intero.
Tutte queste cose riusciva a fare, nel lontano 1982 uno Steven Spielberg non ancora all'apice del suo talento (sbiadito negli ultimi anni) con un piccolo extraterrestre.
Schiere di pseudo-successori e pretendenti al trono si sono avvicendati negli ultimi anni, con fortune alterne.
Stavolta la gallina dalle uova d'oro si spinge più in là e prende direttamente sotto la sua ala esperta (fin troppo ingombrante, dicono taluni) uno dei più interessanti fautori di quel mix "fantascienza-fenomeni paranormali-filosofia post-moderna" proprio grazie al quale Spielberg divenne ultrafamoso: J.J.Abrams.
Classe 1966 (perciò cresciuto dai film di papà Steven, qui appunto produttore), dal curriculum di tutto rispetto sia in tv che al cinema e costantemente atteso al varco sia dai suoi fans che dai detrattori (molti, pare) ad ogni sua nuova pellicola, dirige ciò che potremmo considerare un "E.T" del XXI secolo, ma solo per essere estremamente riduttivi.



Innanzitutto, qualsiasi paragone con l'alieno che voleva a tutti costi telefonare a casa cade impietosamente: là c'era ben altra materia, altri tempi, altra magia.
Ma nella nostra epoca di blockbuster fracassoni ed effetti visivi senz'anima (citofonare "Transformers", uno qualsiasi), il ritorno alle origini del genere fantascientifico non può che far uscire dalla sala con il sorriso sulle labbra.
Non perché ci troviamo di fronte ad un capolavoro, bensì ad un'opera tutto sommato onesta (il che non esclude l'essere studiata fin nei minimi dettagli, vedi la scena dello spettacolare incidente ferroviario), ben scritta e diretta, che restituisce dignità a quell'universo troppo volte molestato da registi incapaci e immeritatamente snobbato da gran parte della critica.
Punti di forza, oggi come allora, sono ovviamente la prospettiva spostata sul bambino, con quello sguardo d'innocenza mista a stupore, il malessere ben catturato causato da un'epoca inquieta, il passaggio all'età adulta con i suoi primi turbamenti amorosi e, sicuramente, l'effetto nostalgia (siamo nel 1979) di anni in cui ci si poteva ancora emozionare nel girare un film in super 8, attendendo con trepidazione lo sviluppo della pellicola.
Certo sono molte le linearità al film di Spielberg: l'alieno prigioniero sulla Terra, le biciclette (che qui però non volano), l'assenza di uno dei genitori, l'esercito "cattivo"; il che potrebbe far storcere il naso ai più (soprattutto agli over 30).
Ma soffermandoci maggiormente sulla narrazione in sé, scevra da quell'ingombrante paragone, troviamo fascino e pathos in quantità, segno che lo scopiazzamento, da solo, non è sufficiente per l'esito positivo di un film.


Grazie anche ad un cast azzeccatissimo (superbi i "bambini" Joel Courtney ed Elle Fanning, sorella minore di Dakota, qui da applausi a scena aperta), ad un sentimentalismo nemmeno troppo marcato (tranne forse nella scena finale della collanina) e ad un'ironia di fondo godibilissima, la pellicola fa ciò che deve fare, in modo egregio: intrattiene, emoziona e commuove.
Di questi tempi, difficile compiere il miracolo di fare avverare tutte e tre queste cose in un solo film.




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